“Se vogliamo raggiungere una vera pace in questo mondo,
dovremo incominciare dai bambini.”
Mahatma Gandhi

Nascita e violenza (dossier)

Rivista per le Medical Humanities N.48

In questa sede sono raccolti e presentati i principali contributi del convegno intitolato “Nascita e violenza: una relazione pensabile?”, che si è svolto a Lugano il 12 novembre 2019. La giornata di riflessione è stata organizzata da Cristiana Finzi, Delegata per l’aiuto alle vittime di reati (LAV), in collaborazione con l’Associazione Nascere Bene Ticino (ANBT) e con Marilena Fontaine, presidente del Gruppo di accompagnamento permanente in materia di violenza domestica. L’evento ha avuto luogo in occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne ed è stato iscritto nella campagna per l’anniversario della Convenzione dei diritti dei bambini. I due articoli di Laura Lazzari Vosti e Delta Geiler Caroli, esterni al convegno, completano il presente dossier, offrendo ulteriori sguardi sulla “violenza” nel parto.

Il programma della giornata prevedeva contributi di diverse discipline, allo scopo di mettere in luce le varie dimensioni della nascita e la sua pluralità di senso. Il parto, infatti, è un evento non solo biologico, ma anche sociale, carico di significati culturali, simbolici, affettivi, personali. Una comprensione ampia e rispettosa della nascita e della sua complessità è quindi fondamentale per intraprendere azioni efficaci nell’ambito dell’assistenza alla donna e al bambino, ma anche per contrastare la denatalità in atto nel nostro paese, come ha osservato in apertura il consigliere di Stato Raffaele de Rosa.

Cristiana Finzi e Marilena Fontaine, alle quali rivolgiamo un sentito ringraziamento, hanno dimostrato grande sensibilità e coraggio nel portare all’attenzione pubblica un fenomeno che per molti aspetti può essere ancora paragonato a un tabù, sia perché infrange la rappresentazione del giorno più bello, sia perché violenza e relazione di cura sembrano escludersi. Nel suo saluto iniziale De Rosa ha affermato che «mettere in relazione queste due parole, nascita e violenza, potrebbe apparire quasi urtante, ma è proprio sulla dirompente forza dei due termini di questa contrapposizione che è opportuno ragionare». In altre parole, la giornata si è presentata come un invito a riflettere sulla “pensabilità” del legame tra nascita e violenza. Proprio per l’approccio aperto e riflessivo che è stato adottato, si è scelto di mantenere l’espressione “violenza ostetrica” tra virgolette. In genere, essa non è definita dal punto di vista di chi la compie, ma di chi la subisce. Ciò significa che gli atti, le parole, i gesti risultano “violenti” non nelle intenzioni, ma nelle modalità e negli effetti che producono. Inoltre, la “violenza” nel parto può essere agita e subita in modo inconsapevole, mettendo in atto quelle forme di “riconoscimento” e di “riconoscenza” che sono state descritte dal sociologo P. Bourdieu[1].

Il convegno ha offerto molti stimoli, dimostrando l’importanza di un impegno condiviso a favore della nascita e interrogando sul senso profondo della cura, racchiuso nel binomio classico cura-therapeia, che si riferisce «a una condizione soggettiva – quella di chi “si preoccupa” e dunque si pone al “servizio”[2]». In questo senso, «potrà dirsi autentico terapeuta colui che manifesti il suo pieno coinvolgimento (emotivo, affettivo e intellettuale) nella condizione di colui del quale si è posto al servizio, anche senza “fare” concretamente nulla[3]».

Isabella Pelizzari Villa

[1] P. Bourdieu, Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano, 2009.
[2] U. Curi, Le parole della cura. Medicina e filosofia, Raffaello Cortina, Milano, 2017, p. 57.
[3] Ibidem.

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